A DINNER WITH
CSABA DALLA ZORZA
da Giacomo Milano

Csaba dalla Zorza ha riscoperto Milano dopo aver vissuto all’estero per diverso tempo e, nell’avvicinarsi nuovamente alla città, il nostro storico locale in via Sottocorno è diventato come una seconda casa. Durante la cena, ci ha raccontato della sua passione per la cucina, dell’importanza del concetto di slow living e della sua esperienza da Giacomo Milano.

Come ti sei appassionata alla cucina e quando hai capito che ti sarebbe piaciuto farla diventare una vera e propria professione?
Sono sempre stata appassionata di buon cibo, sin da ragazza. Ho iniziato a cucinare a casa, più o meno intorno ai 15 anni, e apparecchiare la tavola in modo curato è sempre stato qualcosa che mi piaceva fare per me stessa, oltre che per gli altri. È stato però a 33 anni che ho deciso che avrei provato a trasformare questa passione in un lavoro stabile. Sono andata a Parigi, mi sono iscritta alla scuola di cucina Le Cordon Bleu e ho preso il mio diploma, non con l’idea di lavorare in un ristorante, ma con il desiderio di scrivere di cucina e di cibo. Un anno dopo, nel 2004, è uscito il mio primo libro. E non mi sono più fermata. In 19 anni ne ho scritti e pubblicati 22.

Come descriveresti il tuo approccio personale? Ti senti legata alla tradizione o ti piace sperimentare con ingredienti e sapori?
Penso che il mio possa essere definito un approccio contemporaneo. Mi piacciono le ricette semplici, non troppo lunghe da fare, perché noi cuoche di casa oggi siamo anche donne che lavorano a tempo pieno. Voglio mangiare bene tutti i giorni, non solo nel fine settimana. Uso ingredienti di stagione, spesso solo locali. Ma amo anche contaminare la mia cucina italiana con ricette che arrivano da altri Paesi. Senza esagerare.

C’è qualcuno che consideri un mentore? Per quale motivo?
Ne ho più di uno, perché credo che il mio lavoro sia sfaccettato. Nigella Lawson mi ha insegnato ad amare il cibo in tutte le sue forme e a scriverne bene. Leggevo i suoi libri, poi ho avuto l’opportunità di essere il suo editorie quando dirigevo la casa editrice Luxury Books, e ci siamo conosciute bene di persona. Donna Hay mi ha insegnato il food styling, lei è la numero uno a mio avviso, ex di Marie Claire Australia. E Anna Jones è la scrittrice food writer alla quale guardo per la prosa. In Italia la mia mentore è stata Elda Lanza – con lei ho intrattenuto un carteggio via mail negli ultimi anni della sua vita, parlando di tutto, ma soprattutto di buone maniere.

Il tuo lavoro unisce il mondo del food a quello dell’editoria, del digital e, inevitabilmente, del lifestyle. Come hai imparato a trovare un equilibrio tra la vita online e offline?
È molto semplice: lavoro on line e vivo offline. Mi piacere vivere a un passo lento, quindi uso ancora carta e penna, guardo pochissima televisione, non amo il digitale per il mio privato. Ma non potrei mai farne a meno per il lavoro, ho il computer sempre con me e mi piace lavorare mettendo a sistema i vari media: giornale, tv, radio, social e web. La tecnologia per il lavoro è essenziale. Ma quando smetto, stacco. E non so mai dov’è il mio telefono quando sono a casa.

Come si svolge una tua giornata tipo?
Dipende molto dal momento dell’anno: quando giriamo la serie TV sono fuori casa tutto il giorno, quando invece scrivo, lavoro da casa. Sono piuttosto abitudinaria. Mi alzo sempre allo stesso orario: 6:30. La domenica invece di solito mi alzo alle 8:00. La prima cosa che faccio è il caffè; poi preparo il pranzo da asporto per i miei figli, che vanno al liceo, cuocio il pane e solo dopo mi preparo. Se non devo uscire, lavoro da casa, dal mio studio, ma mi vesto e mi trucco come se dovessi uscire. Faccio la spesa quasi tutti i giorni, a piedi o in bicicletta, lavoro molto ma a un ritmo lento. In ufficio, al giornale, vado un paio di volte al mese, noi siamo una redazione nomade digitale, ci vediamo on line. La sera mi piace mangiare in famiglia e sono io quella che cucina. Alle 19:30 chiudo il computer e metto via il telefono: inizia il turno privato.

Una delle abitudini che insegni con il tuo lavoro è quella di consumare poco e bene per vivere meglio, e il tuo ultimo libro, Cucina economica, contiene molti spunti per applicare questo principio nella quotidianità. Quali benefici può portare seguire uno stile di vita di questo tipo?
Se impariamo a consumare meno, ossia a non sprecare, il vantaggio è essenzialmente quello di sentirci persone migliori. Certo, c’è anche un risparmio economico – ma non è questo il punto. Lo spreco è immorale per me. Il cibo non si butta, il tempo delle persone va rispettato. Fare economia non significa spendere meno, bensì ottenere il miglior risultato con il minore impiego di risorse.

Un altro concetto di cui sente parlare spesso oggi, in contrasto con una realtà che si muove sempre più in fretta e ci chiede di essere sempre più produttivi, è quello di slow-living. Pensi che sia possibile applicarlo all’alimentazione? In che modo?
Io lo applico a tutto, da sempre, e funziona benissimo. Slow living significa andare a un passo umano, non farsi travolgere dall’ansia di dover fare tutto. In sostanza, significa sapere cosa desideriamo e sceglierlo. Applicato al cibo si traduce in un consumo di ingredienti che siano davvero di stagione e locali (italiani) cucinati solo quanto serve, e non stratificati tra loro per renderli qualcosa di diverso da ciò che sono all’origine.

Sei un’esperta nell’arte del ricevere, un aspetto fondamentale nella filosofia di Giacomo Milano. Una delle nostre priorità è proprio quella di far sentire i clienti a casa, grazie all’ambiente accogliente e al nostro attento servizio. Cosa non può mai mancare per far sentire le persone le benvenute e a proprio agio?
Non c’è una singola cosa: l’accoglienza è un insieme di dettagli. Sicuramente la gradevolezza dell’ambiente, dell’illuminazione, della parte sonora intorno a noi. Poi ovviamente il sentirsi a proprio agio passa per un atteggiamento sereno da parte di chi ci sta accanto: camminare senza fretta, parlare lentamente, non tradire ansia è fondamentale.

Sei nata a Milano, un luogo caro a Giacomo Bulleri, che ha scelto di aprire il suo primo ristorante nella storica via Sottocorno. Che tipo di rapporto hai con la città?
Ho riscoperto Milano, perché nella prima parte della mia vita ho vissuto molto all’estero. È una città piccola, puntellata di gioielli architettonici e bellissimi giardini, piena di locali interessanti. La amo molto, soprattutto vissuta a piedi o in bicicletta. Milano mi ispira, mi sorprende, a volte mi sembra di non conoscerla mai abbastanza. Amo le vie piccole e un po’ segrete, e via Sottocorno è tra queste.

Giacomo oggi vanta diverse sedi, ma questa rimane indubbiamente la più distintiva. Ci piace pensare al ristorante di via Sottocorno come un luogo dallo charme unico, che rievoca le vecchie trattorie milanesi dei primi ‘900. Ricordi la prima volta che sei venuta qui? Cosa ti ha colpita di più del nostro locale?
Sottocorno e Giacomo è un po’ il ristorante sotto casa per quei momenti in cui hai bisogno di sederti a tavola e avere qualcuno che cucini per te e che sia bravo. La prima volta che ci sono venuta, con mio marito, sono stata conquistata dall’atmosfera d’altri tempi, la boiserie verde alle pareti, le tovaglie bianche ben stirate. In poche parole, il dettaglio curato. L’idea di una casa dove mangiare bene, in un’atmosfera cordiale.

Giacomo Bulleri credeva profondamente nella capacità del cibo di evocare uno spettro di ricordi e sensazioni attraverso i sapori, le consistenze e le loro combinazioni. Cosa hai ordinato stasera e cosa ti riporta alla mente questo piatto?
Sono d’accordo con lui, il cibo è una calamita alla quale i ricordi si avvicinano e si attaccano, per sempre. Ho ordinato l’insalata di mare. Il pesce per me è la cucina della mia mamma – io lo preparo meno spesso, lei che è toscana e ha vissuto sul mare lo ama particolarmente e lo prepara molto bene. Questi piatti hanno il profumo di casa, per me.

Cosa ti piace di Giacomo che ti fa tornare qui ogni volta che ne hai l’occasione?
Nonostante il successo che ha avuto, Giacomo è rimasto “il ristorante sotto casa” ed è questa la cosa che mi piace di più. È un luogo sincero, dove passare ore liete.

Come descriveresti in tre parole la tua esperienza da Giacomo?
Gourmet, perché si mangia molto bene. Familiare, perché l’atmosfera è quella della sala da pranzo di casa. Rilassante, perché è elegante, ma senza eccesso, e puoi permetterti di sentirti davvero come a casa di amici.

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